Gli innamorati dell’altra sera ci sono parsi una commedia bellissima, realizzata con spirito e intelligenza. Naturalezza, grazia e armonia senz’altro c’erano. Unica esagerazione, se mai, gli eccessivi belati di Fulgenzio, che risulta un giovanotto un po’ troppo molliccio, quello che in veneto si direbbe “pampe”. Ma una certa esagerazione si direbbe fosse nelle intenzioni dell’autore, a giudicare da ciò ch’egli scrisse, presentando la commedia. Nel complesso, uno spettacolo di straordinario garbo, felicemente stilizzato e sorridente.
Due innamorati che, per essere l’uno dell’altro troppo innamorati, finiscono per tormentarsi benché niente si opponga al loro amore, ecco l’argomento. Se si volessero un po’ meno bene, tutto filerebbe liscio. […]
Lilla Brignone e Gianni Santuccio, colonne del Piccolo Teatro, stavolta sedevano in poltrona, godendosi la insolita parte di puri spettatori. Nessuna celebrità sul palcoscenico. Eppure tutto è andato come meglio non si poteva (almeno noi) desiderare. Per cominciar dal basso, un applauso al Moretti come Succianespole, a Fanfani come Ridolfo, a Michelotti come Roberto il gentiluomo, a Pierfederici (con la riserva che si è detto) furibondo e piagnucoloso innamorato. Ma soprattutto bravi Antonio Battistella e Marina Dolfin. Il Battistella ha fatto dello zio Fabrizio un ritratto estremamente spiritoso (in galleria, a sinistra, uno rideva con dei tali nitriti che si temette gli venisse un colpo). In quanto alla Dolfin, è una di quelle ragazze che a Venezia dicono: «Come la xè còccola!» (in italiano: caruccia, soffice, tenera, simpatica). È piaciuta a tutti per quel suo fare da bambina, quella perfezione femminile delle bizze, quegli strilli, quei bronci, quei singhiozzi. Dalla platea, sua mamma, Toti Dal Monte, aveva ben ragione di applaudire.
Dino Buzzati, “Bis”, 28 dicembre 1950