La scena rappresenta un “teatro” che è un eterno “teatro della vita”. Non è rigido. Può, a volte, palpitare un poco.
C’è una possibile trasparenza generale. Senza fantasmi. I personaggi possono vedersi anche “attraverso” qualcosa.
Non pareti, non stanze con porte e così via. Uno spazio teatrale limpido e vuoto con…?
Dietro, si vedono talvolta alberi, moli, barche, mare con un poco di vento che increspa l’acqua blu, verso sera. E letti di ferro che sono sempre lì o in azione o nell’ombra o quasi in quinta.
I letti sono “alla napoletana” con copriletto bianco, cuscini, tutto talvolta sfatto. I letti, magari, hanno i “santini” sulle spalliere. Due armadi “all’italiana” con roba su e rami d’olivo secchi. Devono dare una sensazione di intimità erotica, sono usati, lenzuola usate e roba buttata lì per terra, un poco di disordine.
E ci sono anche “divani alla turca” e sgabelli turcheschi (vedi Liotard)? Perché? Non lo so.
I tavolini del caffè, per la prima scena, sono col piano di marmo, bicchieri d’acqua gelata, caraffa di limonata e molte caffettiere “alla napoletana” con tazzine, piattini e cucchiaini. Le “napoletane” sono fumanti.
Sedie per un “inventato” caffè napoletano. Tutto un poco usato, tutto un po’ sgangherato. Tutto un po’ sporco. Una scopa con immondizia e polvere in un angolo.
Forse c’è un biliardino piccolo e incrostato di madreperla con palle e stecche.
Una “napoletana” si rovescia durante la lite, il caffè fumante si sparge- piattini e tazze si rompono, due sedie si rovesciano.
Anche divani, non turchi, per la casa delle donne.
Ma “gli ufficiali” turcheschi, albanesi o altro, portano e fanno portare, all’inizio, regali d’Oriente: stoffe, tappeti, narghilè, incensieri che spargono vapori e profumi. La scena in qualche punto è immersa nel vapore. Le donne aspirano i profumi e vacillano un poco.
Ci sono o ci saranno anche alcune vesti, vestaglie, cappelli, turbanti femminili, pantofole turchesche. (Vedi Liotard, sempre).
E zoccoli altissimi per il “bagno turco”.
Quando le donne li provano, ridono.
Inversione dei trucchi: i due “uffiziali” portano eleganti baffi e barbe “alla militare”. Non comici, ma certo “rigidi”, composti con uniforme, spada, tricorni ecc.
I due “albanesi” non hanno né mustacchi né barbe. Sono glabri. Molto belli, e giovani. Molto truccati “all’orientale”: occhi con blu, sopracciglia, ciglia lunghe, labbra un poco rosse. Turbanti o copricapi eleganti, scarpe “alla turca” o stivaletti. Vesti ricche e morbide. Pettinature con capelli lunghi e ondulati.
Sono molto “strani”, molto “piacevoli”, quasi un po’ femminili ma virilissimi nelle azioni, che però sono sempre delicate, appassionate e “diverse” da quelle degli “uffiziali”.
Sono giovani, quasi “ragazzi” di un altro mondo. Affascinanti, ambigui e misteriosi.
Le due donne si trovano con loro “in un altro mondo”. Raffinato e sconosciuto.
Così fan tutte è un’opera erotica.
Così fan tutte è un’opera “didascalica”. Dal titolo ai nomi, dalla simmetria della trama e dei personaggi, dallo svolgimento del tema, dalla prima frase pronunciata: «La mia Dorabella / capace non è: / fedel quanto bella / il cielo la fé».
Tutto è una “dimostrazione”. Ovviamente camuffata dall’arte, ma non troppo. E tutta giocata con un “finto comico”. In realtà è tragica. (Monsieur Verdoux di Charlie Chaplin).
[…] La direzione deve essere ambigua come l’opera: ma fa sul serio o no? Ma è una caricatura, questa aria dell’“opera seria”, o no? È “seria” questa aria di Fiordiligi (cioè sente veramente quello che canta e dice), o invece non lo è? E tutto questo senza parere. Lasciando sempre il dubbio.
La spaventosa difficoltà di Così, per gli interpreti, è di essere seri, veri tragici, nello stesso tempo che comici, falsi e ridicoli.
[…] Domanda: le due donne capiscono o finiscono per capire che i due “albanesi” sono i loro due amanti “uffiziali” e se li scambiano proprio per questo? Così gli uomini che si cambiano le donne? Quando lo sanno? O mai? O è sottinteso, come credo. Ciò è impossibile da rappresentare.
In realtà la storia semplice (!) potrebbe essere questa: due coppie vogliono scambiarsi, le donne vogliono avere gli uomini dell’altra, lo stesso gli uomini per le donne. Voglio avere l’amante dell’altra o dell’altro. Ma ci sono le convenienze non solo sociali, ma anche interiori: certe cose non si fanno. Allora inventano, quasi inconsciamente, sospinti da un “cinico quinto” che in nulla crede più, forse neanche nella vita, il modo per farlo “senza colpa”, come un gioco. È tutto, in fondo, un trucco. Ma quando l’una va a letto con l’altro, il “tradito”, che a sua volta tradisce il “traditore”, soffre. E inversamente.
Alla fine il gioco è svelato. Con un altro trucco. Non spiegato, potrebbe anche non esserlo. I due uffiziali ritornano con barba e baffi e tricorno e uniforme. […]
Alla fine i protagonisti si allontanano verso il fondo, tenendosi per mano e voltandosi, col viso, verso il pubblico, ogni tanto. Sorridono, ma sono un po’ tristi e un po’ no. Scuotono le teste. Si dicono e dicono al pubblico: cosa volete-vogliamo farci. È così. Tutto è così, non loro, anche noi attori, anche voi pubblico. E forse uno perde un baffo, a un altro si stacca un poco la barba. Si sorridono e una donna perde i poveri pezzi del trucco e gioca con essi mentre scende il buio e si abbracciano nel fondo e spariscono.
[…] L’opera deve esalare erotismo e sesso, senza parere. Letti, ascelle, corsetti, capelli sfatti e forcine, pettini e petti virili degli “albanesi”, labbra e lingua, mani e abbracci furtivi ed espliciti. Profumi e odori. Oriente e Napoli italica.
Dagli appunti manoscritti e dattiloscritti, Archivio Piccolo Teatro di Milano